Il Museo Ecologico Zanardo, nato a metà degli anni ’60 per volontà dell’ispettore Forestale Giovanni Zanardo a cui è stato dedicato, il piccolo ma esauriente Museo Ecologico completa l’offerta didattico informativa sul Cansiglio, approfondendo in particolare gli aspetti ambientali riguardanti l’altopiano. All’interno sono infatti conservati reperti naturalistici riguardanti l’Altopiano, tra cui la ricostruzione dei principali habitat forestali con le specie animali e vegetali maggiormente presenti, tra cui il cervo, la lepre ed il gatto selvatico, oltre a mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e insetti che frequentano l’area del Cansiglio e Col Nudo-Monte Cavallo.
Altrettanto importante è la sezione dedicata alla storia geologica e geomorfologica, con una raccolta di fossili e di pannelli che illustrano l’origine del Cansiglio ed i fenomeni carsici che lo caratterizzano, documentata anche da immagini e da una ricca collezione di fossili rinvenuti in zona ed esposti nelle vetrine. Interessante è infine la collezione di stampe e fotografie che illustrano i diversi aspetti della foresta.
Il Museo Ecologico si trova in una zona molto panoramica del Cansiglio ed è gestito dai Carabinieri Forestali di Vittorio Veneto (TV)
Il Museo Regionale dell’Uomo in Cansiglio – Centro Etnografico e di Cultura Cimbra: dedicato alla memoria della dott.ssa Anna Vieceli, è stato istituito negli anni 70 dal Corpo Forestale dello Stato, affiancandolo al Museo Ecologico Zanardo e al Giardino Alpino Lorenzoni, creando così una serie di strutture didattiche dedicate alla conoscenza degli aspetti sia naturalistici che storici della Foresta.
Si trova in Pian Osteria, a circa 3 km dalla piana, in quella che era una vecchia caserma forestale, utilizzata anche come scuola elementare.
Nella sua prima versione si occupava dei rapporti con la Repubblica di Venezia, delle attività forestali e della presenza dell’etnia Cimbra. Negli anni 80 il Museo è passato alla gestione regionale e negli anni 90 le ricerche di archeologia preistorica dell’Università di Ferrara che hanno portato alla scoperta di presenza in foresta sia di Uomo di Neanderthal (80- 60.000 anni fa) che di Homo sapiens (da circa 12.000 anni fa), ed una parte degli strumenti in selce ritrovati sono ora esposti.
Nella vicina torbiera di Palughetto, sono stati trovati una notevole quantità di reperti vegetali, compresi grossi tronchi, che hanno permesso la ricostruzione (caso unico in Europa) del cambiamento della vegetazione dall’ultimo post-glaciale (circa 16.000 anni fa).
Sono state ampliate anche le parti relative agli alti argomenti, tra i quali l’interesse di Venezia per questa foresta, ricca di grandi faggi dai quali ricavò per secoli i remi per le sue galee e che, prima chiamata Bosco d’Alpago, ribattezzò come Bosco da Reme di San Marco.
Sono stati conservati e perfezionati gli spazi dedicati alle attività forestali, alla produzione del carbone e alla presenza dell’etnia Cimbra (riconosciuta come minoranza etnica), alla quale è dedicata una parte cospicua del Museo.
I Cimbri locali, provenienti dall’Altopiano di Asiago alla fine del XVIII secolo, sono rappresentati dall’Associazione Culturale Cimbri del Cansiglio, che collabora con l’ente regionale nella gestione del Museo. La sala più recente, partendo dai tronchi del Palughetto, tratta il tema di grande attualità del cambiamento del clima dalla fine dell’ultima glaciazione fino al periodo attuale.
I villaggi cimbri: La Repubblica di Venezia aveva vietato per secoli la residenza stabile in foresta, ma solo la presenza temporanea e stagionale per lavoro, nei pascoli o in bosco; ma questo divieto, pur continuando ad esistere formalmente anche dopo la caduta della Serenissima nel 1797, non fu più applicato dai successivi gestori della foresta: l’impero napoleonico, quello asburgico, che si alternarono più volte, ed infine il regno d’Italia e la Repubblica. Tra l’altro, i faggi che per secoli furono considerati di grande valore per la produzione di remi da galea, con la crisi dell’Arsenale divennero “inutili” e si progettò di cambiare faccia alla foresta tagliandoli tutti e sostituendoli con gli abeti, di maggior valore economico.
I Cimbri sono arrivati in Cansiglio negli ultimi anni del XVIII secolo, provenienti dall’altopiano di Asiago, attratti dalla grande disponibilità di faggi a buon mercato che trasformavano in sottili assicelle dette skatoi (da cui l’appellativo di Cimbri scatoleri) che, piegate, diventavano setacci (tramisi) e contenitori cilindrici (brent). Avrebbero dovuto permanere per il tempo di lavoro, ma di fatto vi si installarono ininterrottamente, insediandosi in otto o nove villaggi, una buona parte dei quali ancora esistenti. I primi erano formati solo da casoni rustici in legno, in seguito riedificati anche in muratura.
Il primo villaggio fu quello a Pian dei Lovi del quale sono rimasti solo i sedimi, Pian Canaie Vecio, divenuto sito archeologico poiché l’Associazione Culturale Cimbri del Cansiglio e ha curato il recupero dei sedimi e vi ha ricostruito un casone dimostrativo in stile tradizionale.
Non lontano, con case in muratura si trova il più recente villaggio di Pian Canaie, mentre i sedimi del villaggio di Val Bona sono in recupero ma vi si trova un secondo casone ricostruito. Lungo la strada principale, la SP 422, sorgono i villaggi in muratura di Campon e Pian Osteria, mentre in Pian Cansiglio si trovano i villaggi di casoni ancora in legno di Le Rotte, Vallorch e I Pich nuovi, mentre dei Pich Vecchi rimangono solo i sedimi e l’Associazione Cimbri sta recuperando il sito.
Il Bus de la Lum: Ai bordi del Pian Cansiglio e per qualche decina di metri in territorio friulano, si trova il Bus de la Lum, un pozzo carsico profondo 185 metri.
È noto ai frequentatori del Cansiglio fin dalla Preistoria, infatti a pochi metri dalla sua apertura sono stati trovati un notevole numero di manufatti in selce, segno di una frequentazione tra i 12.000 e gli 8000 anni fa, reperti ora esposti al Museo Archeologico di Torre a Pordenone.
Il Bus de la Lum è stato per molto tempo l’attrazione turistica più importante del Cansiglio, soprattutto da quando, nel 1902, il farmacista vittoriese dott. Marson, appassionato di glaciologia, tentò di scoprirne la profondità utilizzando pesi e lunghe corde, arrivando alla conclusione che il fondo si trovava a 460 metri, per cui si trattava della cavità più profonda in assoluto mai misurata. Una prima spedizione nel 1912 fallì per l’eccesso di organizzazione e protezioni, mentre la successiva del 1924, più agile ed efficiente, raggiunse il fondo ma dichiarando che fosse di “soli” 223 metri.